Contributo straordinario a impianti di riciclo di rifiuti di alluminio

 


Il Ministero della Transizione Ecologica ha approvato le modalità e i criteri per il riconoscimento del contributo straordinario in conto esercizio alle società di gestione degli impianti di riciclo dei rifiuti di alluminio che, nell’ultimo anno di crisi pandemica da Covid-19, hanno continuato con difficoltà a operare riportando un calo dei ricavi. Il Decreto di attuazione datato 31 dicembre 2021 è stato pubblicato nella G.U. n. 57 del 9 marzo 2022.

SOGGETTI BENEFICIARI


Possono presentare domanda di concessione del contributo straordinario le società di gestione degli impianti di selezione e di riciclo di rifiuti in alluminio aventi codice CER 150104 e che, alla data di presentazione della domanda, siano in possesso dei seguenti, ulteriori requisiti:
a) risultino regolarmente costituite e iscritte al registro delle imprese e attive;
b) dimostrino, con la dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo periodo di imposta, l’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese e una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, di aver continuato a operare nonostante la crisi del sistema generata dal calo della domanda di materiale riciclato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19;
c) abbiano registrato una riduzione dell’ammontare dei ricavi nell’esercizio 2020 rispetto al valore dei ricavi relativo all’esercizio 2019;
d) risultino iscritte all’assicurazione generale obbligatoria o alle forme esclusive e sostitutive della medesima oppure alla gestione separata INPS;
e) non siano destinatarie di sanzioni interdittive illeciti amministrativi dipendenti da reato e non sussistano nei loro confronti le cause di divieto, decadenza o sospensione della disciplina antimafia;
f) non si trovino in stato di liquidazione né siano soggetti a procedure concorsuali con finalità liquidatoria.
Non possono, in ogni caso, essere ammessi al contributo i soggetti che, alla data del 31 dicembre 2019, si trovavano in condizioni tali da risultare impresa in difficoltà, fatta eccezione per le microimprese e le piccole imprese, che possono accedere al contributo anche se già in difficoltà alla predetta data del 31 dicembre 2019, ferma restando, in ogni caso, la condizione prevista alla lettera f), e purché le imprese non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.

DETERMINAZIONE E MISURA DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO


Il contributo straordinario è concesso in conto esercizio, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili (3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, fino al 20 per cento della riduzione dell’ammontare dei ricavi registrata nell’esercizio 2020 rispetto al valore dei ricavi relativo all’esercizio 2019; in ogni caso è riconosciuto nei limiti della disciplina in materia di aiuti «de minimis».
Qualora l’importo complessivo delle agevolazioni concedibili ai soggetti richiedenti sia superiore all’ammontare della dotazione finanziaria, le risorse disponibili sono ripartite in proporzione all’importo dell’agevolazione spettante a ciascun soggetto richiedente. Tutti i soggetti ammissibili alle agevolazioni concorrono al riparto, senza alcuna priorità connessa al momento della presentazione della domanda.

MODALITÀ DI ACCESSO AL CONTRIBUTO STRAORDINARIO


Ai fini dell’accesso al contributo straordinario, deve essere presentata apposita istanza al Ministero della Transizione Ecologica, esclusivamente tramite la procedura informatica gestita dal soggetto attuatore (Invitalia Spa).
I termini, le modalità di presentazione della domanda e l’eventuale documentazione da allegare saranno definiti con successivo provvedimento.
La presentazione dell’istanza deve essere sottoscritta dal rappresentante legale del soggetto proponente, così come risultante dal certificato camerale del medesimo, ovvero ad altro soggetto delegato al quale sia stato conferito potere di rappresentanza per la compilazione.

EROGAZIONE DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO


Al termine della fase istruttoria, per le domande accolte, il contributo è erogato dal Ministero, previa verifica della vigenza della regolarità contributiva del soggetto beneficiario, tramite l’acquisizione d’ufficio del DURC, e dell’assenza di inadempimenti relativi all’obbligo di versamento di somme iscritte a ruolo derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento.

REVOCA DEL CONTRIBUTO STRAORDINARIO


Il contributo concesso è revocato, ferme restando le disposizioni vigenti per le responsabilità penali per le dichiarazioni mendaci, in misura totale o parziale, qualora:
a) sia accertato il mancato possesso di uno o più requisiti di ammissibilità, ovvero risulti irregolare la documentazione prodotta per fatti comunque imputabili al soggetto beneficiario e non sanabili;
b) risultino false o non conformi le dichiarazioni rese e sottoscritte dal soggetto beneficiario nell’ambito del procedimento;
c) il soggetto beneficiario non adempia agli obblighi informativi;
d) il soggetto beneficiario non consenta le attività di controllo;
e) sia riscontrato il superamento dei limiti di cumulo delle agevolazioni.
Al ricorrere dei suddetti casi il Ministero dispone la revoca, totale o parziale, del contributo e procede al recupero, anche con l’iscrizione a ruolo, fatte salve le ulteriori sanzioni previste dalla normativa vigente.

OBBLIGHI DI TRASPARENZA


Il contributo straordinario è soggetto agli obblighi di pubblicazione nella nota integrativa del bilancio oppure, ove non tenuti alla redazione della nota integrativa, sul proprio sito Internet o, in mancanza, sul portale digitale delle associazioni di categoria di appartenenza.

 

Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese

 


Ammissibilità delle richieste di garanzia in favore delle imprese agricole (MEDIOCREDITO CENTRALE/INVITALIA – Circolare 08 marzo 2022, n. 3)

A partire dal 16 marzo 2022, sarà possibile presentare richieste di ammissione alla garanzia del Fondo in favore dei soggetti beneficiari finali del settore agricolo a valere sul Regolamento UE n.1408/2013 del 18 dicembre 2013 e sul Regolamento UE n.702/2014 del 25 giugno 2014.
Per quanto riguarda, invece, le richieste di ammissione alla garanzia del Fondo in favore di soggetti beneficiari finali del settore della pesca e dell’acquacoltura, quest’ultime potranno essere presentate a valere sul Regolamento UE n.717/2014 del 27 giugno 2014 e sul Regolamento UE n.1388/2014 del 16 dicembre 2014 a partire dalla data comunicata dal Gestore tramite successiva apposita Circolare.
Si comunica, inoltre, che ai sensi di quanto previsto dall’articolo 8, comma 2 del DL Energia, il Consiglio di gestione ha deliberato che, nel periodo 1° aprile – 30 giugno 2022, la commissione una tantum prevista ai fini dell’ammissione all’intervento del Fondo, non è dovuta per tutte le richieste di ammissione riferite a finanziamenti concessi a sostegno di comprovate esigenze di liquidità delle imprese conseguenti ai maggiori costi derivanti dagli aumenti dei prezzi dell’energia.
Si intendono escluse dal campo di applicazione della norma le sole operazioni a fronte di investimento.

 

Fisco: sovvenzione da un ente pubblico spagnolo per una ristrutturazione condominiale

 


Forniti chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile al contributo pubblico erogato in Spagna ad un soggetto fiscalmente residente in Italia per la ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio condominiale in cui si trova il suo appartamento (Agenzia delle entrate – Risposta 09 marzo 2022, n. 99).

Per poter valutare il regime tributario da applicare ad un reddito di fonte estera è necessario qualificare il reddito secondo la normativa interna e, successivamente, esaminare le disposizioni convenzionali contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia (Stato di residenza del percettore) e lo stato della fonte del reddito (nel caso di specie, la Spagna).
In base alla disciplina domestica, ai sensi dell’articolo 1 del TUIR, costituisce presupposto di tassazione il “possesso di redditi”, in denaro o in natura, rientranti nelle seguenti categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6 ai sensi del quale « I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi d’impresa; f) redditi diversi.».
Pertanto, in linea di principio, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.
Nel caso di specie, il contribuente, residente in Italia e proprietario in Spagna un appartamento, beneficia di un contributo – a parziale copertura delle spese che saranno sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni dell’edificio condominiale di cui fa parte il suo appartamento – erogato da un ente pubblico spagnolo, il cui scopo è lo sviluppo nel territorio comunale delle funzioni, attività e servizi nel campo degli alloggi a prezzi accessibili.
In particolare, secondo il bando emesso dall’ente pubblico sono concesse sovvenzioni per il ripristino di elementi comuni e il miglioramento dell’abitabilità degli edifici ad uso residenziale, rivolto principalmente ” alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili”. Come riportato nel bando, l’obiettivo generale è quello ” di promuovere la riabilitazione del patrimonio edilizio esistente (…) stabilire un sistema di sussidi e aiuti che consenta alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili di effettuare l’adattamento e opere di riabilitazione negli edifici in cui risiedono”.
Il bando stabilisce, altresì, le ” condizioni particolari e le specifiche tecniche, gli importi delle agevolazioni e la documentazione da presentare per beneficiare” della sovvenzione.
Nella documentazione integrativa trasmessa, l’Istante precisa sul punto che, in base al bando pubblico, la misura del beneficio può variare a seconda che il proprietario o l’eventuale inquilino risulti in condizione di vulnerabilità; il contributo, inoltre, sarà erogato dall’ente pubblico mediante ” rate straordinarie in relazione all’avanzamento dei lavori” nonché a lavori ultimati e al momento della verifica della sussistenza dei requisiti individuati nel medesimo bando.
Sulla base di quanto rappresentato, l’Agenzia ritiene che tale contributo, corrisposto per finalità generali perseguite dall’ente erogatore, in relazione alle spese sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni di edifici condominiali non sia riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR (posto che tra l’ente erogatore e il beneficiario non sussiste alcun rapporto di lavoro), né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dal citato articolo 6 del medesimo Testo Unico e, pertanto, non concorra alla formazione della base imponibile del beneficiario.

 

Agevolazioni “prima casa” su immobili in costruzione

 


In caso di immobile in costruzione acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa”, i lavori di costruzione devono essere ultimati entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita. Il mancato rispetto del termine comporta la revoca dei benefici. (Corte di Cassazione – Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5180).

La controversia riguarda la revoca delle agevolazioni “prima casa” in relazione all’acquisto di un immobile in costruzione, in seguito al parziale accatastamento con sdoppiamento in due unità immobiliari di cui una ad uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente, affermando l’illegittimità della pretesa tributaria in ragione del fatto che tutto l’immobile costituiva un’unica abitazione e lo “sdoppiamento” catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura “tecnica” e non sostanziale.
La decisione è stata riformata dalla Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha eccepito la legittimità della revoca dei benefici “prima casa” in considerazione della mancata ultimazione dei lavori entro il termine di decadenza imposto all’Amministrazione per i dovuti controlli sul rispetto dei requisiti di spettanza (tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita).


La Corte Suprema ha affermato che non vi è dubbio che i cd. benefici “prima casa” debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione; la norma agevolativa intende promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi “distintivi” già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata.
Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto.
Sulla base di tali principi, dunque, si è affermato in giurisprudenza l’orientamento che riconosce i benefici della “prima casa” all’acquirente di immobile “in corso di costruzione” da destinare ad abitazione “non di lusso”.
Considerato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, deve ritenersi applicabile il principio generale secondo il quale, quando la legge non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.
Pertanto, nel caso di agevolazioni “prima casa” fruite per un immobile in costruzione, il contribuente deve realizzare la finalità dichiarata di destinare a “prima casa” l’immobile acquistato entro tre anni dalla richiesta di registrazione dell’atto di compravendita; ne consegue che entro detto termine devono essere ultimati i lavori, pena la revoca dei benefici.
Una diversa interpretazione che posticipi i controlli alla data di ultimazione dei lavori, comporterebbe un differimento sine die dell’attività di verifica, privandola di significato.
Nel caso di specie, il contribuente ha provveduto entro il termine triennale ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3 (fabbricati in corso di costruzione) avente carattere provvisorio, legittimando la revoca dell’agevolazione, in considerazione della mancata realizzazione della finalità dichiarata nell’atto di acquisto.

 

Iva indetraibile se addebitata erroneamente

 


L’erronea liquidazione in fattura dell’Iva non legittima l’operatore che abbia assolto l’operazione di rivalsa a portare in detrazione l’imposta o chiedere il rimborso dell’eccedenza (Corte di Cassazione – ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4301).

La Corte di cassazione in tema di IVA, ha stabilito che ai sensi dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA; con l’ulteriore corollario che l’esercizio esclusivo di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi dell’art. 19, co. 3, D.P.R. n. 633/1972, la riduzione proporzionale della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (c.d. “pro-rata”) non è limitata all’ipotesi in cui l’impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l’impresa compia esclusivamente operazioni esenti.
Questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell’imposta per il fatto che la stessa sia stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest’ultimo alle sole imposte dovute.
La circostanza dell’avvenuta fatturazione non è idonea a trasformare una operazione non soggetta al tributo in una operazione Iva e questo per l’esigenza di rispettare i caratteri essenziali del meccanismo operativo di tale imposta innanzitutto la sua neutralità.
Non può quindi dubitarsi della conformità al diritto comunitario dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972 laddove nega il diritto alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto di beni afferenti operazioni esenti.
Infatti, anche l’indetraibilità dell’IVA su operazioni esenti, oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati, è conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui all’art. 17 della 6 Direttiva n. 388/77, avendo la stessa Corte di Giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell’IVA riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell’IVA persegue l’obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all’imposizione ai fini IVA.